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Viaggio in Uganda

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Un passo dopo l’altro, nella fitta vegetazione tropicale della Bwindi Impenetrable Forest, in Uganda, per seguire le tracce e incontrare da vicino i gorilla di montagna. È tra le 50 cose da fare assolutamente nella vita, secondo il quotidiano inglese The Guardian, perché ne rimangono solo circa 800 esemplari nel loro ambiente naturale. Dopo un trekking di qualche ora, trovarsi a pochi metri da questi giganti è un brivido: osservarne il comportamento, gli sguardi, le espressioni incredibilmente umane.

Un passo dopo l’altro, nella fitta vegetazione tropicale della Bwindi Impenetrable Forest, in Uganda, per seguire le tracce e incontrare da vicino i gorilla di montagna. È tra le 50 cose da fare assolutamente nella vita, secondo il quotidiano inglese The Guardian, perché ne rimangono solo circa 800 esemplari nel loro ambiente naturale. Dopo un trekking di qualche ora, trovarsi a pochi metri da questi giganti è un brivido: osservarne il comportamento, gli sguardi, le espressioni incredibilmente umane.

Una piacevole scarica d’adrenalina, incontrare il silverback, il maschio alfa grande e forte, dotato di una muscolatura impressionante, indispensabile per proteggere tutto il suo gruppo, anche da altri predatori.
Altre famiglie di gorilla vivono nelle foreste delle montagne vulcaniche Virunga, in Rwanda, dove talvolta la camminata può essere meno faticosa. Ma è l’Uganda, territorio poco più piccolo dell’Italia, nel cuore dell’Africa nera, il viaggio del mito.

L’origine del mito sta nell’avventurosa ricerca delle sorgenti del Nilo dei due celebri esploratori inglesi John Hanning Speke (di cui ricorrono nel 2014 i 150 anni dalla morte) e Richard Francis Burton, della Royal Geographical Society. La loro impresa, coronata dal successo nel 1856, è raccontata nel film Le Montagne della Luna (1990). Fra Tanzania e Uganda, Pier Paolo Pasolini girò Appunti per un’Orestiade africana (1968-69), documentario in preparazione di un film mai realizzato; mentre ai tempi bui della dittatura di Idi Amin Dada è ambientato L’ultimo re di Scozia (2006, Oscar 2007 per il miglior attore protagonista). È stata proprio Hollywood a portare per prima l’Uganda alla ribalta della scena internazionale, con il leggendario film di John Huston, La regina d’Africa (1951), interpretato da Katharine Hepburn e Humphrey Bogart, che vinse con questa pellicola il suo unico Oscar.

Oggi sono i gorilla la principale attrazione turistica, ma il Paese merita attenzione anche per la natura spettacolare, la grande varietà di ecosistemi, il clima mite, le strade in ottime condizioni e un’offerta di ospitalità in buone strutture, soprattutto nei parchi, ufficialmente un po’ care, anche se, con alcune accortezze, come quella di rivolgersi a un tour operator dall’Italia, si possono abbattere i costi. Dall’Europa si atterra a Entebbe e la prima notte si passa al The Boma, semplice guesthouse, pulita e confortevole. Appena si lascia la città, la vegetazione s’infittisce e si comincia a sentire l’odore della giungla. Sulla strada verso nordovest, in direzione del Murchison Falls National Park, si trova il Masindi Hotel, il più antico dell’Uganda, rinnovato nel 2000. Atmosfera coloniale e un parterre di ospiti celebri, da Bogart e Hepburn, che hanno vissuto lì durante la realizzazione del film, a Ernest Hemingway, convalescente dopo due piccoli incidenti aerei in zona.

Per arrivare al Murchison Falls National Park, il parco ugandese più vasto e spettacolare, si attraversa la Rift Valley tra enormi distese di banani, con lo sfondo del lago Albert e delle colline del Congo. Il grande impatto è con le maestose cascate che si vedono dal Top of the Falls, dove il Nilo si restringe in una gola di sette metri, prima di compiere il salto di 43 metri con un rombo assordante. Uno spettacolo della potenza della natura, di cui si gode appieno risalendo il Nilo a bordo di una barca a motore. È un tratto di fiume placido e tranquillo, in cui vivono oltre 4000 ippopotami, elefanti, coccodrilli, le scimmie dalla coda rossa e molti tipi di uccelli. È una delle escursioni in partenza dal Paraa Safari Lodge, struttura storica, del 1954, che guarda il fiume nella corsa verso nord, dalle sorgenti del lago Victoria al lago Albert.

Décor in perfetto stile safari al Murchison River Lodge, a gestione familiare, sulla riva sud del Nilo. Ci sono quattro cottage con il tetto in paglia e tre tende superattrezzate, tutti rivolti verso il fiume. Entrambi i lodge sono in posizione strategica per drive safari nel Murchison Falls National Park, con ottime possibilità per il birdwatching (questo è l’habitat di oltre 400 specie di uccelli) e l’avvistamento di mammiferi come la rara antilope acquatica sitatunga e l’ugandan kob. Il più raro da vedere è il leopardo, ma può succedere.

Pare di entrare in una valle incantata, scendendo nella Albertine Rift Valley, con le pareti a terrazze coltivate con cassava e banani. Incombono le imponenti vette della Catena del Ruwenzori. Verso ovest ci si avvicina a Fort Portal, dove le colline sono coperte di piantagioni di tè. Ai margini del laghetto vulcanico Nyinabulitwa, il Nyinabulitwa Country Resort & Safari Camp ha pochi cottage e una parte di foresta tropicale all’interno della proprietà dove è facile avvistare colobi e cercopitechi e i tanti uccelli; ottimo punto d’osservazione è la tree house costruita nella foresta. È il resort ideale per praticare attività acquatiche all’aria aperta: nel lago si può pescare o fare giri in barca a remi.

Il lodge è molto vicino al Kibale Forest National Park, immensa foresta tropicale di 766 chilometri quadrati, habitat per la più alta densità di primati sul globo, con 13 diverse specie dagli scimpanzé ai babbuini, ai colobi bianchi e rossi. Qui vive una colonia di 1400 scimpanzé, e se non è mai facile vederli, è invece sicuro sentirli. Altrettanto difficili da avvistare sono gli elefanti di foresta, mentre si vedono in quantità antilopi, bushbuck, duiker e bufali. Tra gli alti alberi vivono anche molte farfalle (144 specie) e oltre 325 specie di uccelli.

Lusso understated e design african style, per lo spettacolare Kyaninga Lodge: solo otto cottage in legno costruiti sulla cresta di una collina, di fronte al lago omonimo; sullo sfondo, le leggendarie Montagne della Luna. Molto ricco di animali il Queen Elizabeth National Park, 2000 chilometri quadrati a ovest dell’Albertine Rift, con diversi ecosistemi dove l’acqua è l’elemento dominante. È il parco in cui da anni si sono concentrati gli sforzi contro il bracconaggio. Il lento sciogliersi dei ghiacci del Ruwenzori crea un vasto sistema paludoso, l’habitat ideale per il preistorico shoebill, strano uccello dall’enorme becco piatto. I due laghi George e Edward sono collegati dal Kazinga Channel, un breve tragitto ideale per un boat safari, popolato da migliaia di ippopotami, bufali, moltissime specie di uccelli. Qui non è raro vedere gruppi di elefanti all’abbeverata e a volte leoni impegnati nella caccia. Mentre nelle orecchie risuona l’inconfondibile richiamo dell’aquila pescatrice.

Gli animali sono così numerosi che si vedono anche dalle vetrate del lussuoso Mweya Lodge, costruito su una piccola penisola nel cuore del parco. Proprio su questo tratto d’acqua, 36 chilometri, tra i laghi Edward e George, ogni giorno il lodge organizza una breve crociera sulle tracce dei primi esploratori inglesi. Il settore meridionale del parco, Ishasha, caratterizzato da ambienti più aridi, classici della savana punteggiata di acacie, è l’habitat dei leoni arboricoli. Anche se non è facilissimo vederli quando nelle ore calde si arrampicano sugli alberi. In quest’area, le dieci tende dell’Ishasha Wilderness Camp, ecolodge integrale annidato fra gli alberi sulle sponde del fiume Ntungwe, sono perfette per un’immersione totale nella natura, senza rinunciare al comfort. Per il campo girano spesso bufali ed elefanti; di notte è facile sentire il ruggito del leone.

Il panorama cambia completamente nel Bwindi Impenetrable Forest National Park, foresta pluviale al confine tra Repubblica Democratica del Congo, Rwanda e Uganda, Patrimonio Unesco, dove vive la metà dell’intera popolazione mondiale di gorilla di montagna. L’altra metà si sposta sui monti Virunga, tra il Rwanda e la Repubblica Democratica del Congo. L’ingresso al Bwindi con visita inclusa costa parecchio, 500 dollari (in Rwanda 750 $), e gli accessi sono contingentati: solo un ristretto numero di persone al giorno può tentare l’emozionante incontro. Che, dopo anche una mezza giornata di cammino, può durare al massimo 60 minuti, per non turbare abitudini e comportamento dei primati.

Per la sua posizione accanto al quartier generale della Uganda Wildlife Authority, punto di ritrovo con gli altri membri della spedizione, le guide e i portatori da dove ogni giorno alle 8 iniziano i trekking, il Gorilla Forest Camp rimane la base perfetta per l’escursione. Solo otto tende di lusso, una grande vasca da bagno che guarda nel fitto della giungla, e una minispa per massaggi rilassanti dopo la lunga camminata. È un campo caro, ma è anche l’unico all’interno della foresta pluviale, e per questo non è raro che si possano vedere famiglie di gorilla nei suoi terreni. Una buona alternativa è il Silverback Lodge, ecofriendly e molto più economico. In posizione dominante sul parco Bwindi, ha dodici camere semplici.

Per concludere il viaggio in bellezza, rientrati a Entebbe si può prendere una speed boat e raggiungere una delle Ssese Islands, arcipelago nella parte nordoccidentale del lago Victoria. È una destinazione poco conosciuta, ma rinomata tra i pescatori per l’alta possibilità di catturare grossi esemplari di perca del Nilo, fra gli ingredienti dei piatti preparati dalle donne del posto, che si possono anche assaggiare al Pineapple Bay Resort, a Bulago, una delle due sole isole abitate di tutto l’arcipelago. È una tappa relax ideale, dopo il safari nella foresta tropicale, per fare vita di spiaggia sui sei chilometri o per navigare lungo i dieci di costa rocciosa, o, ancora, fare sci d’acqua, cavalcate sul bagnasciuga, sorseggiare un drink al tramonto passeggiando sulla sabbia.

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