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Lisbona, un tuffo nella luce

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Tra i molti possibili modi per accostarsi al fascino di Lisbona, ne esiste uno che forse non troverete nelle guide turistiche. Ma può rappresentare la chiave per aprire molte porte di questa capitale antica e modernissima, decadente e intrigante. La parola magica è luce. La luce di Lisbona possiede una densità atlantica, uno spessore oceanico. È come se sorgesse dall´acqua ed esplodesse sulla pietra, sulle lucide superfici degli azulejos, sui riflessi dell´acciottolato, sugli arabeschi delle architetture manueline. Varia naturalmente col trascorrere delle ore, secondo il tempo: ma in ogni luogo si posa in maniera diversa, personale, e ne introduce la scoperta.
 

Tra i molti possibili modi per accostarsi al fascino di Lisbona, ne esiste uno che forse non troverete nelle guide turistiche. Ma può rappresentare la chiave per aprire molte porte di questa capitale antica e modernissima, decadente e intrigante. La parola magica è luce. La luce di Lisbona possiede una densità atlantica, uno spessore oceanico. È come se sorgesse dall´acqua ed esplodesse sulla pietra, sulle lucide superfici degli azulejos, sui riflessi dell´acciottolato, sugli arabeschi delle architetture manueline. Varia naturalmente col trascorrere delle ore, secondo il tempo: ma in ogni luogo si posa in maniera diversa, personale, e ne introduce la scoperta.
 
Città molteplice come poche, Lisbona gioca al gioco del doppio: nella Baixa, il centro storico ridisegnato dopo il terremoto del 1755, la pianta è ortogonale e assomiglia a un cruciverba; ma salendo sulle due colline, Bairro Alto e Alfama, le strade diventano nodi, gomiti improvvisi, labirinto. Se la luce, in basso, è il geometrico riflesso di colori chiari (nella profondità delle vie accende il pastello dei muri, il giallo, il celeste, il verde acqua), sui colli si riempie di ombre. Qui lo spazio è esiguo, le case quasi si toccano, l´oscurità ha uno spessore metafisico.
 
La Lisbona dell´oceano e del fiume assorbe la luce marina come una spugna e la rilascia all´interno, trattenendola dove più, dove meno. A Belém, il turista resta stupefatto dai merletti di pietra del Mosteiro dos Jerónimos e della bianca Torre: qui la luce quasi non si distingue da merli, tombe, navate e portali. Non diversamente, nei vicoli dell´Alfama che portano ai locali dove la sera si ascolta la malinconia del fado (ce ne sono di bellissimi e poco turistici, bisogna solo fare lo sforzo di cercarli chiedendo), la luce scolora nella sua lenta assenza, si fa sottrazione: ed è nella penombra che si gusta davvero lo scorcio di una strada o il percorso non meno tortuoso di un canto.
 
La luce di Lisbona è anche un modo per farsi raccontare il cambiamento di una città che a volte pare cristallizzata in un eterno 1950 (le drogherie con la porta aperta davanti alla primavera, come direbbe Paolo Conte), e che all´improvviso si spalanca alla modernità. Da quando fu eletta Capitale della cultura nel 1994, Lisbona si è lanciata nella vertigine del design, dell´arte e della moda, e ancora una volta è la luce a sottolineare le forme del MuDe, il museo del design e della moda aperto nella Baixa, tre anni fa, dentro la storica sede del Banco Nacional Ultramarino: siamo tra il Rossio e praça do Comércio, ovvero in basso, nel cruciverba. Ed è ancora il contrasto tra passato e modernità a sorprendere al Parque das Nações, costruito del 1998 su un´area industriale abbandonata; l´imponente Portugal Pavilion si alza nell´atrio come un´immane vela di cemento, e la luce ne fa quasi un tessuto.
 
Anche se i cuori romantici cercheranno altre risonanze luminose nei percorsi più classici, usando come mezzo di trasporto il famoso tram numero 28, quello giallo e minuscolo, sferragliante a ogni incrocio, dove ancora capita di vedere monelli appesi sulla piattaforma posteriore, pure loro in pieno 1950: è per questo che si dice «fare i portoghesi» nel senso di non pagare il biglietto. Il 28 sale all´Alfama dalla Baixa, e diventa lo strumento che scavalca il confine e unisce ciò che in natura è doppio, fondendo anche le diverse forme della luce. Si sfiora così la Cattedrale, si lambisce la Feira da Ladra, il mercato delle pulci (mercoledì e sabato), si sale al Castelo de São Jorge. Qui, in alto, si comprende davvero la densità luminosa di Lisbona, abbracciando la città in un unico sguardo dall´acqua alla pietra, dal cruciverba alla sciarada.

È sempre la luce ad affascinare poeti e scrittori. Anche la parola d´autore può essere una chiave giusta e diversa per entrare nel mistero di questa capitale del fascino, dove l´Europa si conclude per dare spazio all´oceano, alla fame d´avventura e all´incerta odissea che è ogni vero viaggio. Davanti al caffè Brasileira c´è la malinconica statua di Pessoa, o forse la statua di un Pessoa malinconico: aspetta che il turista si metta in posa per uno scatto. E chissà se in quel soggetto fermato dal clìc digitale resiste l´eco del poeta, il verso e non il bronzo, «la sua pluralità anonima, il suo niente al di là del niente», come scrisse Claudio Magris. Chissà se chi osserva il fiume, ha mai letto L´Anno della morte di Ricardo Reis, con quella pioggia e quella lucentezza tetra e liquida, nel meraviglioso inizio del romanzo. La Lisbona di Saramago, dove anche il buio appartiene in fondo al regno della luce.

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