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Le notti di Tokyo

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Il futon è uno degli oggetti simbolo della cultura giapponese, e tra i più antichi. La notte a Tokyo è calda e accogliente come un futon, e ugualmente mobile, duttile, elastica. Una culla immensa, insomma. Il futon, che al contrario di un ingombrante letto si può spostare senza sforzo in ogni angolo della casa, è la metafora perfetta di una cultura nomade, insonne, che azzera il dualismo fra giorno e notte, sonno e veglia, luoghi deputati al riposo e alla quiete e luoghi dove prevalgono l’attività e lo svago.

Il futon è uno degli oggetti simbolo della cultura giapponese, e tra i più antichi. La notte a Tokyo è calda e accogliente come un futon, e ugualmente mobile, duttile, elastica. Una culla immensa, insomma. Il futon, che al contrario di un ingombrante letto si può spostare senza sforzo in ogni angolo della casa, è la metafora perfetta di una cultura nomade, insonne, che azzera il dualismo fra giorno e notte, sonno e veglia, luoghi deputati al riposo e alla quiete e luoghi dove prevalgono l’attività e lo svago.

Al calar delle tenebre queste linee di demarcazione si spezzano. E il buio non sottrae, viceversa aggiunge: fascino, luce, dinamismo, idee, infinite possibilità. In altre parole, un allargamento improvviso degli orizzonti, che tanto piace ai cantori della Tokyo di notte, a quegli scrittori contemporanei, Haruki Murakami e Banana Yoshimoto in testa, che amano far muovere i personaggi proprio nelle atmosfere crepuscolari della città. Non a caso, al tema è dedicato un libro appena pubblicato, Tokyo.

La scrittura, la città, la notte (Unicopli) di Rossella Marangoni: un appassionato omaggio alla capitale giapponese, ai suoi ritmi, alle sue luci e ombre. "Se il giorno rivela la facciata, l’affaccendato movimento quotidiano, all’imbrunire emerge un che di sotterraneo, il lato nascosto della città", spiega l’autrice. "Anche da un punto di vista psicologico: si riserva alla notte il desiderio di stare fuori, di lasciarsi andare, come per volere recuperare il tempo perduto. La gente passeggia, fa shopping senza fretta di tornare a casa. È il momento più bello, quando i doveri si allentano e, al loro posto, subentrano le pulsioni latenti, i desideri.

Per gli scrittori giapponesi e per le persone comuni, la notte regala incontri imprevisti. Il paesaggio urbano con le tenebre cambia, mostra tutto il suo lato mutevole, dinamico, che la luce del sole tende ad appiattire. E sempre, ovunque, nella Tokyo notturna ci si sente avvolti, protetti. In altre metropoli si trovano magari punti di luce fortissimi e intorno l’abbandono. Una sensazione che qui non si prova mai: né nei quartieri trendy dove brulica la vita, né nelle zone più appartate in cui regna la calma, un’atmosfera onirica". È nel ponte sospeso della notte che si rianimano i figli di Tokyo. Ore che ognuno riempie e racconta a modo suo.

Dice Yoshimasa Daitoku, stilista: "Dall’oscurità emerge nitida la città parallela, quella del sogno e della fantasia. Si rivela un insieme di trame, un pulviscolo di situazioni. La notte possiede l’acume di una lama affilata e, insieme, la morbidezza della seta". "La notte non esiste a Tokyo, città scintillante, sempre insonne", gli fa eco Yajuro Bando, attore di teatro kabuki. "Adoro andarmene per wine bar a bere da solo, o nei locali a gustarmi il sake".

Girovagare, perdere volutamente l’orientamento per godersi un paesaggio metropolitano elettrizzante: "È un caos luccicante, con frammenti di notte che ci cadono dentro", osserva Tomoo Shitara, video-artist. "Anche i corpi assumono la consistenza del cielo. Umidità dentro scatole d’acciaio, suoni che si avviluppano in un vortice, tensione e poi calma. Un folle tripudio di cibo e alcol, per vincere sulla notte. E io che gironzolo senza meta a Yanaka, in stradine appartate". Sì, si possono scegliere come meta Yanaka, Ueno e Asakusa, i quartieri tradizionali della Shitamachi, la downtown oggi inglobata nella megalopoli eppure dal sapore ancora a tratti vetusto, con le tante piccole strade affollate di chioschetti che vendono street food alla luce delle lanterne, con i mercatini all’aperto.

Oppure si può puntare verso Shibuya, Roppongi, Ginza, Omotesando, le zone mondane e sfavillanti di boutique, con le insegne che di notte paiono ragni sospesi in cielo e i grandi monitor arrampicati sui grattacieli. Si può scegliere fra quiete e trambusto, fra una spa aperta tutta la notte o un cinema multisala dove sonnecchiare e godersi un film alle tre del mattino. Ci si può far fare un taglio shock di capelli alle due o trascorrere tutta la notte in un manga bar a leggere fumetti.

Tokyo concentra in sé tutto questo: impossibile perderselo. "Non si dorme mai nella notte profonda, morbida, umida, tiepida, amara", dice Aki Yamada, produttrice televisiva. "È come una potenza folle che ti assoggetta e ti fa sua, lasciandoti con i nervi tesi. A volte decido di starmene sul mio divano preferito con il gatto. Altre, ho voglia di passeggiare brilla lungo i viali alberati e di ascoltare solo il rumore degli insetti. Oppure di indugiare in un bar da cui si vede la Tokyo Tower, e ordinare un secondo bicchiere prima di esplorare stradine nuove sentendomi addosso il profumo di fiori. Adoro andare nei ristorantini dove mi conoscono bene e ordinare, semplicemente, "qualcosa di buono"".

Mangiare, bere, mangiare ancora e bere ancora, nei posti del cuore. Katsushi Nagumo, architetto e designer, considera un’esperienza unica cenare in vecchi locali sopravvissuti all’ombra dei grattacieli: "A Tokyo, oggi, se vuoi mangiare fuori hai solamente l’imbarazzo della scelta: tutte le cucine del mondo sono ben rappresentate, cosa impensabile solo fino a vent’anni fa. Abbiamo una cultura gastronomica internazionale, eppure, nel nostro cibo, resta un che di speciale. È meraviglioso riuscire ancora a scoprire, nella metropoli, posti senza tempo. Ce n’è uno a Yurakucho: è un minuscolo ristorantino fumoso, nascosto sotto la ferrovia della linea del metrò JR e specializzato in yakitori (spiedino alla griglia, ndr).

Pigiate una contro l’altra, le persone entrano in sintonia, trovano una calda complicità. Quel posto è lì da sempre, e non è cambiato in nulla". L’informalità di uno spiedino di carne in un’area elegante come Yurakucho ha un sapore unico, condito di stupore. Lo stesso che suscita un’imprevista visita a un tempio, oasi di pace nel cuore della città. Itaru Ito, giornalista che ora vive in Italia, ricorda così due episodi notturni di Tokyo: "Come ai tempi dell’università, sono tornato in un ristorantino aperto 24 ore su 24 sulla Omotesando, a chiacchierare con gli amici fino al primo treno delle 5 del mattino. Prima di infilarmi sotto la metropolitana, però, ho attraversato la Omotesando appena illuminata dalle prime luci dell’alba e mi sono diretto verso il tempio Meiji. Facile dimenticare, lì, di essere nel pieno centro di Tokyo. Per un attimo mi sono ritrovato catapultato in un altro mondo". Un’altra volta, "era un agosto caldissimo, e avevo deciso di passare la notte nell’ufficio di un amico a Shibuya. Per lavarmi prima di coricarmi, sono andato in una sauna vicina. Ho comprato biancheria e pigiama in un konbini (negozio aperto 24 ore, ndr) proprio lì sotto: che gran comodità! Ho fatto la sauna al quinto piano di un palazzo a un paio di minuti dall’ufficio e sono tornato indietro, già in pigiama. Era notte fonda, ormai. La stanza non aveva tende alle finestre. Sul soffitto si riflettevano le luci, rosa e blu, dei neon all’esterno. Al mattino presto mi sono svegliato nell’ufficio vuoto: in tutto l’edificio non era ancora arrivato nessuno. È stato uno di quei momenti in cui si avvertono presenze, anche se tutto è deserto. Come dopo una guerra chimica che abbia distrutto l’intera umanità".

Sulla strada dei cittadini di Tokyo c’è sempre un konbini pronto a soddisfare ogni esigenza, ogni vezzo. In questi convenience store che non chiudono mai è possibile comperarsi un gelato, un instant ramen (spaghetti o tagliatelle all’uovo, ndr), un caffè in lattina, il giornale del mattino o una matita: tutto. Ce ne sono a centinaia: la città non ti abbandona nei momenti di fame, di sonno, di voglia di qualcosa. "Anche in zone relativamente tranquille, di notte si incontra tanta gente", conferma Ako Nagao, architetto. "E si trova sempre qualche luce, di un konbini o di un supermercato no stop. È una sensazione molto rassicurante. Mi piace andare nelle vecchie taverne di Shinjuku, dove le ore migliori sono proprio quelle in cui si sa di avere ormai perso l’ultimo metrò. I locali si rianimano all’improvviso, arrivano in tanti ad aspettare il mattino: È piacevolissimo passare, ogni tanto, notti così. Sconsiderate". E aggiunge: "La fine del boom economico ha segnato il passaggio dall’epoca del macro a quella del micro.

La sensibilità è cambiata. È evidente nello stile dei negozi, dei locali, dei palazzi: prima architetture enormi e vistose, ora piccoli luoghi, umani e discreti. Gli edifici di ultima generazione non si concedono in modo esplicito; al contrario, serbano segreti riservati a pochi. I locali o le gallerie di negozi si scoprono solo attraverso il passaparola, ed è proprio questo effetto sorpresa a darti gioia". Gioia che, a Tokyo, si rinnova a ogni tramonto.

Fonte: www.repubblica.it

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