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Ecco le 5 destinazioni top del 2020 secondo Booking, e tu non ne conoscevi neanche una

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Una è quasi impronunciabile, una si lega all’arca di Noé, una è su un’isola vulcanica.

Secondo uno studio di Booking.com, il 70% dei viaggiatori ha raccontato di voler provare qualcosa di nuovo nel 2020. Visitare posti in cui non si è mai stati, di cui non si conosce nome né storia. Una vacanza alla cieca, affidandosi alla sorte e toccando il mappamondo seguendo l’istinto, può però non essere il massimo. Per questo eccovi cinque posti (impronunciabili) di cui non si sente mai parlare ma che, una volta visitati, vi riempiranno di storie da raccontare.

Świnoujście si trova nella porzione settentrionale della Polonia, sul Mar Baltico, e non piace probabilmente alle vostre corde vocali. Non fatevi spaventare dagli accenti e dalla tipica sovrabbondanza di consonanti: questa curiosa città possiede confini terrestri solo con la Germania, che nel 1945 la cedette alla Polonia dunque obbligata a realizzare un ponte sul fiume Swine per poter raggiungere Świnoujście senza entrare in territorio tedesco. Il porto qui è fondamentale: l’URSS lo impiegò per la posizione strategica, oggi la pesca rappresenta l’eccellenza della città che offre ai visitatori una tranquilla passeggiata tra il Museo della pesca d’altura – ex municipio – e il Faro più alto del Baltico, risalente al 1858.

Ora, come può un paesino a 1500 metri sulle montagne montenegrine attrarre il turismo? Si potrebbe parlare di storia, ma le origini di Zabljak sono state perdute durante la guerra balcanica e i bombardamenti. Si potrebbe parlare di architettura, ma anche qui la seconda guerra mondiale ha lasciato ben poco. Da quel poco, Zabijak seppe rinascere: completamente arsa, fu ricostruita a tempo di record ed è diventata la capitale balcanica degli sport invernali nota pure per il ponte di Djurdjevica Tara. Ovvero, il più mastodontico ponte cementizio su cui potessero transitare veicoli: un record che oggi non gli compete più, ma poco importa.

I patiti di calcio ricorderanno forse Seogwipo per il Mondiale nippo-coreano 2002, in cui lo Jeju Stadium ospitò Slovenia-Paraguay e Brasile-Cina. Jeju non è solo lo stadio ma pure il nome dell’isola, appartenente alla Corea del Sud e paradiso in grado di rivisitare l’archetipo di località balneare caraibica, tropicale, dunque automaticamente da sogno. L’attività turistica di Seogwipo si mescola però con un altro tipo di attività, quella vulcanica, che viene immortalata nelle classiche fotografie dei turisti assieme agli agrumeti recintati da roccia nera.

Ai piedi della cordigliera delle Ande, Salta sembrerebbe quasi un’istigazione al paracadutismo. Da non confondere con Salto, che anziché in Argentina si trova in Uruguay (ed è la città natale di Edinson Cavani e Suárez), Salta incarna l’ideale religioso sudamericano. La visita delle sue chiese è un must: quella di San Francesco e il monastero seicentesco sono le più spettacolari. Ma c’è un altro motivo per cui Salta si soprannomina “La Linda”, ed è il Museo de Alta Montaña raggiungibile a piedi o su ovovia.

L’ultima meta si trova in Armenia, si chiama Yerevan ed è conosciuta per l’enorme torre della televisione, la più alta dell’intera zona transcaucasica. I suoi dodici distretti sono pieni di parchi, la sua posizione stupenda giacché proprio al centro della piana di Ararat, da cui si vede il monte che fu il primo picco a emergere dalle acque dopo il diluvio universale. L’arca di Noé vi si posò e le scalinate in pietra calcarea danno un’atmosfera babilonese niente male. Le fontane monumentali e i giardini (non pensili) conquisteranno il vostro cuore.

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