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La Galleria Borbonica, quant’è profonda Napoli

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Ritrovata per caso dal geologo Gianluca Minin e oggi aperta al pubblico, la Galleria Borbonica mostra un volto inedito e affascinante della Napoli sotterranea. Dalle antiche cisterne dell’acqua ai camminamenti borbonici, fino alle testimonianze della Seconda Guerra Mondiale.

La galleria borbonica, Napoli © Vittorio Sciosia

Ci sono poche città al mondo che possono vantare un sottosuolo altrettanto interessante a ciò che si può ammirare alla luce del sole. Nel caso di Napoli poi, con il suo golfo incantatore su cui si affaccia il Vesuvio, le mille chiese, i maestosi palazzi e le intricate vie del centro storico, potrebbe sembrare una sfida impari. Eppure, il capoluogo partenopeo nasconde una realtà ipogea altrettanto affascinante, complessa e ammaliatrice, fatta d’innumerevoli gallerie, cripte, catacombe e cisterne. Un vero e proprio “sistema alternativo” a ciò che accade sopra al livello stradale, che nei secoli ha protetto e nascosto religiosi clandestini, riserve d’acqua, soldati, nobili in fuga dalla rivoluzione, abitanti in cerca di riparo dai bombardamenti, delinquenti e refurtive. Dagli antichi acquedotti greco-romani alle gallerie scavate dai Borbone, scendere nelle viscere della città regala emozioni uniche, che si ripetono ogni volta.

Cisterne nella galleria borbonica © Vittorio Sciosia

Una storia lunga 500 anni

Lo sa bene Gianluca Minin, il geologo napoletano che nel 2007, nel corso d’indagini a fini urbanistici nel centro di Napoli, ritrovò le tracce dell’antica galleria d’epoca borbonica e decise d’iniziare a scavare per capire di cosa si trattasse. “Tutte le volte che scendo qui giù ritrovo la pace, mi sento letteralmente abbracciato dalla storia. Ogni pezzo, ogni buco scavato racconta qualcosa”.

Quello che Minin e i suoi collaboratori trovarono, infatti, era un’incredibile stratificazione di resti e testimonianze di epoche passate, dal 1500 fino ai giorni nostri. Con un paziente lavoro di scavo e recupero andato avanti fino al 2017, aiutati dai gruppi di volontari che si sono armati di caschetti e picconi, hanno riportato alla luce – anche se si tratta di quella artificiale emanata dalle lampade che utilizzano lo stesso circuito approntato durante la Seconda Guerra Mondiale, quando gli spazi sotterranei furono usati come rifugi antiaerei – uno straordinario percorso che si snoda per centinaia di metri sotto ai palazzi del centro di Napoli, raggiungendo una profondità massima di circa 35 metri.

Negli anni le galleria sono state usate come discariche, nascondigli, ripari e depositi © Vittorio Sciosia

La Galleria Borbonica

Il sito prende il nome dall’opera più imponente e attentamente progettata – anche se mai portata a termine – in questa parte di sottosuolo partenopeo: la galleria voluta nel 1853 da Ferdinando II di Borbone, lo stesso cui si deve la costruzione della prima tratta ferroviaria italiana che collegava Napoli a Portici. Preoccupato dalle rivolte del ’48, il Re delle Due Sicilie voleva assicurarsi una via di fuga dal Palazzo Reale fino alle caserme di via della Pace (oggi via Morelli). Gli scavi iniziarono dalle rocce tufacee su cui poggiavano le caserme e il progetto inziale era quello di creare gallerie abbastanza ampie da lasciar passare i soldati a cavallo. Tuttavia, il preesistente sistema di acquedotti e cisterne scavati dai “pozzari” cinquecenteschi e la presenza di materiali diversi e più ostici del tufo rese molto complicati i lavori, che furono abbandonati dopo aver scavato gallerie più strette del previsto per qualche centinaio di metri. Le grotte, però, continuarono a essere usate come avveniva ormai da secoli. Non solo come cisterne d’acqua ma anche come discariche, nascondigli, ripari e depositi, che si trattasse della refurtiva dei “colpi” della malavita o dei beni a essa sequestrati come dimostrano le tante statue, macchine e moto d’epoca: gli spazi più ampi furono infatti utilizzati come deposito giudiziale del Comune di Napoli fino agli anni ’70.

Ma le testimonianze più toccanti sono quelle relative alla Seconda Guerra Mondiale, quando le gallerie furono usate come ricovero bellico da gente del popolo e personaggi illustri – incluso il futuro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – e controllate dai presidi fascisti. Inoltrandosi lungo i tunnel sotterranei s’incontrano dunque latrine, posti telefonici, iscrizioni fasciste che delimitavano gli spazi e i loro usi ma anche tracce della difficile vita sotto i bombardamenti: ordigni inesplosi, piccoli oggetti d’uso quotidiano, attrezzi da infermeria (oggi raccolti in una sala-museo con l’ausilio di manichini realizzati in fil di ferro) e messaggi di speranza o disperazione lasciati sui muri da chi si trovò a vivere qui per un periodo più o meno lungo. Visitare oggi questi spazi sotterranei a lungo nascosti vuol dire anche tenere vivo il ricordo di chi fu protagonista, noto o anonimo, della storia della città.

Signori, si scende

Gli accessi principali alla Galleria Borbonica sono da via Morelli – all’interno dell’avveniristico parcheggio metropolitano omonimo – e da vico del Grottone, nei pressi di Piazza Plebiscito a poca distanza dal Palazzo Reale e dal teatro San Carlo. Una delle ultime vie aperte da Gianluca Minin, seguendo una stupefacente scalinata ripulita gradino per gradino, sbuca allo storico Palazzo Serra di Cassano, sulla collina di Pizzofalcone. Oggi sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (ma anche di gallerie e associazioni come InternoA14 di Vincenza Donzelli, che è diventata un ulteriore punto di accesso e ospita mostre a tema), in passato il palazzo ospitò i più brillanti sostenitori della sfortunata Repubblica Napoletana nata in seguito alla rivoluzione del 1799, da Eleonora Pimentel Fonseca al giovane Gennaro Serra di Cassano. Chissà se anche loro si saranno avventurati negli spazi sotterranei, magari per sfuggire alle persecuzioni antigiacobine?

Entrando da via Morelli ci s’inoltra lungo le gallerie monumentali fiancheggiate da reperti d’epoca; prima ampie e altissime poi via via più strette fino a diventare cunicoli ma pronte ad aprirsi in grandi sale come la spettacolare “cattedrale”, una delle cisterne più vaste e alte dove è cresciuta spontaneamente perfino una felce, o lo spazio terrazzato sistemato di recente che ospita mostre e una “sala cinema” per proiezioni a tema ma anche sfilate, eventi e feste private che garantiscono la raccolta di fondi necessari alla manutenzione di questo spazio vivo, restituito alla città nonostante la totale assenza di supporto pubblico.

Camminamenti degno delle incisioni di Escher, Napoli ©Gandolfo Cannatella/Shutterstock

I percorsi

La Galleria Borbonica racchiude dunque un intricato sistema di scale, pozzi, budelli e camminamenti degno delle incisioni di Escher. Raccapezzarsi – sia per la posizione, sia da un punto di vista storico – sarebbe impossibile senza la guida dei bravi addetti alle visite, tra cui esperti speleologi. Tra i vari percorsi proposti (verificare giorni e orari sul sito ) c’è anche quello Speleo light che – con elmetto e scarpe buone, ma alla portata di tutti – conduce fin lungo gli stretti cunicoli dell’acquedotto della “Bolla”. Il percorso Avventura invece prevede anche un tratto sulla zattera lungo il “fiume” sotterraneo creato dalla falda acquifera che ha riempito alcuni metri dei tunnel scavati negli anni ’80 e ’90; dovevano ospitare i binari della LTR-Linea Tranviaria Rapida che avrebbe collegato il centro di Napoli alle sue periferie, progetto poi abbandonato al pari di quello borbonico.

Il percorso della Via delle Memorie parte dal cortile ottagonale di Palazzo Serra di Cassano per terminare a via Morelli, ripercorrendo i principali eventi storici della città in una – letterale – full immersion nel suo passato. Ma anche il percorso “standard” – della durata di circa un’ora – garantisce un’esperienza unica, da ripetere più e più volte. Tenendo sempre gli occhi bene aperti, per cautela e per non perdere nessun dettaglio, al contrario di ciò che fa talvolta Gianluca Minin: “Mi piace camminare lungo le gallerie anche al buio, dona una sensazione molto intensa. Il mio sogno sarebbe, prima o poi, d’incontrare un fantasma che mi racconti tutte le storie legate a questo luogo che ancora non conosco”.

Girare il mondo per conoscerne i sapori: questa la “missione” di Luciana Squadrilli, giornalista gastronomica che collabora con guide e testate italiane e internazionali. Sa resistere a tutto tranne che alla pizza, al buon vino e all’acquisto compulsivo di biglietti (aerei o per concerti, poco importa).

Fonte articolo originale

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