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La Turchia in caiacco

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Non è solo una vocale a fare la differenza, ma anche l’intensità. A confronto del parente greco, il Meltem turco, con i suoi tranquilli otto-nove nodi in estate, è uno di quei venti che fanno sembrare anche i neofiti del timone esperti uomini di mare. La costa a sud della penisola di Marmaris, che si stende fino alla punta di Finike, è tra le destinazioni preferite da chi sceglie di navigare nelle acque del Mediterraneo. L’ultima variazione sul tema ha il sapore e il fascino della marineria d’antan: un itinerario in caicco lungo la costa Licia, da Dalyan ad Antalya, sulle rotte tracciate cinque secoli fa dall’ammiraglio turco Piri Reis.

Non è solo una vocale a fare la differenza, ma anche l’intensità. A confronto del parente greco, il Meltem turco, con i suoi tranquilli otto-nove nodi in estate, è uno di quei venti che fanno sembrare anche i neofiti del timone esperti uomini di mare. La costa a sud della penisola di Marmaris, che si stende fino alla punta di Finike, è tra le destinazioni preferite da chi sceglie di navigare nelle acque del Mediterraneo. L’ultima variazione sul tema ha il sapore e il fascino della marineria d’antan: un itinerario in caicco lungo la costa Licia, da Dalyan ad Antalya, sulle rotte tracciate cinque secoli fa dall’ammiraglio turco Piri Reis.

La scelta dell’itinerario è un calcolo di miglia, di meteo e giorni a disposizione. Se sono meno di dieci, vale la pena di saltare Bodrum e optare per una base di partenza più a sud. Il porto naturale di Göcek,è una piccola Portofino a nord del Golfo di Fethiye. Dall’aeroporto di Dalaman (dove volano la maggior parte delle compagnie aeree) si raggiunge Göcek in poco meno di 20 minuti di navetta. Lungo la Turgut Ozal street e la Ataturk boulevard, si concentrano quasi tutti i negozi del piccolo centro: dai nautical store ai supermercati Tansas per rifornire la cambusa, dagli outlet di tappeti ai venditori di argenti, dai ristoranti ai caffè, avvolti nelle nuvole di fumo che si levano dai narghilè, le tradizionali pipe ad acqua. Pochi chilometri a nord del porto di Göcek, il Dalya Lifeè un boutique hotel con solo 5 camere che The Guardian ha inserito nella top ten dei più economici alberghi di classe.

Nel dedalo delle 12 isolette dell’arcipelago di Göcek e della piccola penisola di Kapidag, ogni miglio è una scoperta di piccole baie fino al capo di Akca. L’ancoraggio nelle acque praticamente ferme tra le isole di Tersane e Domuz consente un’esplorazione con il tender, per poi inerpicarsi tra i sentieri. Si passa dallo spettacolo delle tombe licee incastonate nella baia di Tomb Bay (Tasya Ka Kerfesi) ai reef sotto il livello delle acque smeraldo di Saralibuk Limani, che precipitano in un soffio oltre i 70 metri, o alle rovine sommerse di epoca romana dei Bagni di Cleopatra (Manastir), le cui acque profumano delle resine dei pini scaldate dal sole. I caicchi delle crociere blu ormeggiano a due passi dai ruderi.

Round Bay (Killeis Kelesi Koyu) è proprio ciò che ci si aspetta dal suo nome: un anello di rocce ricoperta dalla vegetazione che mette al sicuro da ogni vento e dalle insidie, come al tempo degli epici scontri navali fra le flotte della Serenissima e quelle ottomane. Meno sicura per gli ormeggi di notte, ma degna di un attracco all’esile banchina di legno, è Seagull Bay (Yavansu Cove). Deve il suo nome a un enorme gabbiano fatto di sassi che Ameth, un pescatore di Göcek, ha eretto davanti al suo piccolo ristorante, dove è assicurato pesce fresco all’ombra di un gazebo. Al centro del Golfo di Göcek, il triangolo di atolli di sabbia intorno a Baba Island, è il paradiso degli yachtsman: per questo la regola è arrivare alle prime ore dell’alba o dopo il tramonto.

Doppiato il capo di Akca con le sue lingue di sabbia bianca, si risale la costa verso nordovest fino a Dalyan, dove si trasborda sulle barche con il fondo piatto che scivolano nell’affascinante labirinto del delta. Avvicinandosi alla cittadina, si resta incantati dalle spettacolari opere di ingegneria delle tombe licie intagliate nella roccia. Si raggiungono a piedi, invece, le rovine dell’antica Kaunos e del ben conservato teatro. A Dalyan, l’infilata di taverne sull’acqua che spandono profumi di branzino del delta alla brace, ha il sapore di una piccola Hong Kong. Vale la pena di ingaggiare una trattativa con i tour operator locali per farsi portare in fuoristrada al villaggio di Gökbel attraversando distese di piantagioni di melograno, fino ad arrivare sulla sommità del monte

Icona di Dalyan è la tartaruga Caretta Caretta, che deposita le uova da maggio a settembre sulla lunga e riparata spiaggia di Iztuzu (Turtel Bay). Dall’iconica testuggine marina prende il nome un ristorante lungo il canale, con i tavoli di legno all’ombra di un grande platano: i gamberi di fiume e i granchi blu sono una vera specialità. L’atmosfera della sera con le poche luci che provengono dall’altra riva del canale e la musica di una chitarra è magica.

 Con la prua in direzione di Fethiye si taglia verso sudovest il Golfo di Göcek, lasciando a dritta l’arcipelago di isole per evitare secche e fondali bassi. Nonostante l’effetto sorpresa si sia mitigato dopo aver visto già gli ingegnosi sepolcri lici, avvicinandosi con lo sguardo alle alture sopra la città di Fethiye, la Tomba di Amintas riesce ancora a stupire per le dimensioni e la fattura. Nel cuore della cittadina, invece, si leggono i segni delle architetture ottomane riconoscibili nella moschea di Eski Cami e nella struttura a cupole e archi del bagno turco Fethiye Hammami, tuttora in uso. Le stradine ombreggiate da pergolati e rampicanti, con le case con i balconcini a sporto, sembrano la trama di una ragnatela. Una stradina in salita tra vecchie case, che termina in una breve scalinata, porta alle tombe rupestri dell’antica Telmesso.

Da Ovacık, tra i monti della penisola di Fethiye, parte un itinerario d’alta montagna con scorci spettacolari sul Mediterraneo che, toccando la sommità del Babadag, collegando come un filo di perle le 45 piccole città-Stato dell’antica Licia. Qui il villaggio contadino abbandonato di Ocakköyè la declinazione turca dell’albergo diffuso: aperto inizialmente per accogliere gli appassionati del trekking in semplici casette in pietra, è meglio rispetto agli alberghi anonimi della vicina Ölüdeniz raggiunta dalle crociere dei caicchi, oltre il capo di Dokukbasi. A spingere l’economia locale è stata la spiaggia di Belcekiz: un’ampia mezzaluna bianca esposta a sudovest (la più affollata della costa), dove le gulet possono ormeggiare solo nella piccola rada a nord.

Il tratto di costa dei Sette Capi da Ölüdeniz a Kalkan, è un braccio di mare impegnativo per i forti venti e le correnti che vi imperversano. Prima di Kalkan, la lingua di sabbia della spiaggia di Patara sembra difendersi dall’erosione delle onde con un cordone di dune. Da maggio a tutto settembre, la spiaggia viene chiusa al pubblico per proteggere la posa delle uova delle tartarughe. Il porticciolo di Kalkan è nel villaggio dove un grappolo di casette bianche neoclassiche si alternano con abitazioni turche. In un vecchio frantoio è stato ricavato il Belgin’s Kitchen (Yali Boyu No. 1, tel. 0242 844 3614), ristorantino dai piatti casalingh e atmosfera da old Turchia con cuscinoni, stuoie e tappeti per mangiare in terra con le gambe incrociate. Villa Mahal è un piccolo hotel di charme, con piscina circondata da olivi e oleandri e una spettacolare terrazza.

Poco più a est di capo Ince, una scalinata scende alla spiaggia di Kaputas: sabbia dal colore ocra punteggiata da massi bianchi lambiti dal mare. La rotta continua in direzione di Kas, a circa 10 miglia di navigazione. Il paesaggio della costa appare cambiato: montagne aspre e promontori rocciosi privi di vegetazione si rincorrono fino al fiordo di Kas, dove ricompare una compatta macchia mediterranea. In fondo al fiordo è sorto da qualche anno il Kas Marina. È il terzo porto più grande della Turchia per la nautica da diporto, con 450 ormeggi anche per maxiyacht. Più a sud, nella baia, c’è il vecchio porticciolo con il molo di ovest rivestito da murales, come i porti delle Azzorre.

Kas merita una sosta per godersi il piccolo villaggio con le case dai balconi di legno rosso, il mercatino delle spezie e le testimonianze dell’antico splendore di questi luoghi: la tomba licia nel cuore del paese e, nelle vicinanze, l’anfiteatro di Myra con lo spettacolo del mare turchese, che avvolge anche i resti dei bagni pubblici romani, risalenti all’età di Tito. Un buon indirizzo per dormire è il resort Deniz Feneri Lighthouse: 28 camere, capannina-ristorante sul mare e un rigenerante hammam, prima di programmare una visita a Simena.

Il piccolo e antico villaggio della costa turchese, con le rovine sommerse e il castello è un museo a cielo aperto. Al suo interno c’è un sorprendente teatro naturale scavato nella roccia. L’approdo è di fronte all’isola di Kekova, che spande un intenso profumo di timo. L’isola e l’intera regione sono dal 1990 area speciale protetta. Se le mura sommerse di Simena si lasciano guardare con pochi colpi di pinne in apnea, c’è un mondo subacqueo con testimonianze di relitti e antiche anfore che richiedono l’uso delle bombole. Mavi Diving è uno dei centri di immersione più attrezzati di Kas a cui affidarsi per esplorare le secche di Kucuk Kaya, a nordovest di Kastelorizo, o l’isolotto di Assi dove affiorano a oltre 30 metri gigantesche otri d’olio. Ma è fra i fondali su cui è adagiato il relitto di Uluburun, a circa 12 miglia a sudest di Kas, che si prova una forte emozione. Su una piana di sabbia a circa 45 metri, questa nave del XIV secolo è appoggiata su un fianco, mentre intorno sono sparse ancore ed anfore.

Lasciata Kas, bastano appena tre miglia per assaporare un po’ di Grecia. La piccola isola di Kastellorizo (Magisti), infatti, pur essendo a circa 72 miglia da Rodi, fa parte del territorio greco. Resa famosa da Mediterraneo, il film Oscar di Gabriele Salvatores, come avamposto di terra di appena nove chilometri quadrati in mezzo al mare, ha un’unica cittadina in una baia naturale tra Santo Stefano a nord e Nifti ad est. Nel mosaico di colori dei tetti del villaggio, spicca il campanile della moschea. È sorprendente come questo minuscolo lembo di terra possa da solo offrire una quantità di cose da vedere: la grotta azzurra, che si incunea nella roccia per oltre 75 metri, il trecentesco Castello dei Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni, eretto sulla collina dalle rocce rossastre, la tomba licia, l’unica di tutta la Grecia, con le colonne doriche, ma anche la sovrapposizione di architetture di diverse epoche negli antichi edifici di Palaiokastro, l’ex capitale. A Kastellorizo ogni taverna è buona per godersi la brezza che si leva la sera, ai tavoli dipinti di turchese, affondando la forchetta nella torta di ceci che accompagna le giouvarelakia (polpettine in salsa di uova e limone).

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