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La Malesia di Salgari

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La Malesia ispirò più di ogni altro Paese Emilio Salgari, di cui ricorreranno nel 2011 i cent’anni dalla morte. Tra la penisola di Malacca e le coste del Borneo ambientò gli undici romanzi del Ciclo dei Pirati della Malesia: le sue più famose avventure – tra mari esotici e giungle nere – interpretate da Sandokan, da tigri e da sicari armati di kriss.

La Malesia ispirò più di ogni altro Paese Emilio Salgari, di cui ricorreranno nel 2011 i cent’anni dalla morte. Tra la penisola di Malacca e le coste del Borneo ambientò gli undici romanzi del Ciclo dei Pirati della Malesia: le sue più famose avventure – tra mari esotici e giungle nere – interpretate da Sandokan, da tigri e da sicari armati di kriss.

La costa che si affaccia sullo Stretto di Malacca (separa la penisola da Sumatra) conserva suggestioni coloniali degne dei suoi libri. In città storiche come Malacca e Penang, la popolazione è formata in maggior parte da cinesi, eredi dei coolies, i portatori che fecero funzionare i porti da cui portoghesi prima e olandesi e inglesi più tardi esportavano spezie e merci esotiche. Le due città sono la culla della cultura Peranakan: mercanti e marinai cinesi sposarono donne malay e lavorarono coi colonizzatori europei mutuando lingue, costumi e stili di vita; crearono una parlata e una cucina (Baba-Nonya) originali, coniugarono i piatti cinesi con spezie e ingredienti tropicali. Malacca è una cittadina multiculturale con chiese e resti di fortificazioni portoghesi e olandesi.

C’è ancora una minoranza portoghese. Qui, dal XIV secolo, i malesi si integrarono in successione con indiani, arabi e cinesi. Chinatown, formata di antichi edifici, è il quartiere più affascinante con pagode, antiquari, argentieri, ceramisti, erboristerie e dimore trasformate in alberghi. Ai suoi margini, in riva al fiume, la residenza del 1920 di un ricco mercante cinese è diventata The Majestic, un hotel di charme che coniuga l’atmosfera coloniale con cure del corpo e moderni comfort. Nel fine settimana le vie di Chinatown sono invase da un mercato dell’usato. E al tramonto ci si siede in un ristorante in riva al fiume per osservare i ritmi rilassati dei suoi abitanti. È più metropolitana Georgetown, il capoluogo dell’isola di Penang, dove gli edifici neopalladiani dell’ex quartier generale inglese sullo Stretto e le antiche case cinesi si mescolano coi grattacieli del boom economico malese.

A testimonianza dell’epopea britannica restano Municipio, City Hall e Torre dell’Orologio. La nascita della cultura Peranakan è raccontata al Penang Museum. E la grande Chinatown brulica di attività, commerciale il giorno e gastronomica la notte, quando le strade sono invase da centinaia di banchetti ristorante che vendono manicaretti malesi, cinesi, Baba-Nonya, indiani e tailandesi per un euro a piatto. L’itinerario nello stretto termina inevitabilmente sulle spiagge dell’arcipelago di Langkawi. Comprende novantanove isole ma il turismo è concentrato sulla maggiore: la spiaggia più bella – ombreggiata da palme da cocco e coronata da montagne coperte di giungla – è a Burau Bay, dove si trova il Berjaya Beach Resort. Alle spalle della baia una cabinovia porta in cima a un monte da cui si gode la migliore vista sull’isola. La vita notturna è concentrata a Pantai Cenang dove, a lato della spiaggia, ci sono molte guesthouse a basso costo. Da qui brevi crociere a vela esplorano l’arcipelago. Coste e isole settentrionali, ancora selvagge e protette in un Geopark, le si esplora invece con tour guidati in barca tra una caverna abitata da pipistrelli e foreste di mangrovie popolate di scimmie, rettili e uccelli rapaci.

Fonte: www.lastampa.it

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