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Irlanda: bagno a Natale

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Il tradizionale bagno nella baia della Forty Foot Pool la mattina del 25 dicembre. Un’esperienza da provare, o solo da vedere, nella capitale irlandese vestita a festa.

«Natale bagnato, Natale fortunato». Il proverbio originale non è esattamente questo, ma i dublinesi l’hanno saputo ben adattare, se ogni 25 dicembre, rispettano la tradizione di fare il bagno nelle acque fredde (la temperatura si aggira sui 4 gradi) di Forty Foot Pool, a Sandycove, un piccolo promontorio a sud della capitale irlandese (chiamato così non per la sua grandezza, ma perché il 40° reggimento a piedi era solito fermarsi in una stazione di tiro situata lì vicino).

Il tradizionale bagno nella baia della Forty Foot Pool la mattina del 25 dicembre. Un’esperienza da provare, o solo da vedere, nella capitale irlandese vestita a festa.

«Natale bagnato, Natale fortunato». Il proverbio originale non è esattamente questo, ma i dublinesi l’hanno saputo ben adattare, se ogni 25 dicembre, rispettano la tradizione di fare il bagno nelle acque fredde (la temperatura si aggira sui 4 gradi) di Forty Foot Pool, a Sandycove, un piccolo promontorio a sud della capitale irlandese (chiamato così non per la sua grandezza, ma perché il 40° reggimento a piedi era solito fermarsi in una stazione di tiro situata lì vicino).

L’appuntamento è al mattino presto, perché è obbligatorio, per assicurarsi buoni auspici e prosperità, iniziare la giornata con un tuffo in mare. In molti, oltre al costume da bagno, indossano il cappello da babbo Natale ed è tutto un rincorrersi di «Nollaig Shona Dhuit (Buon Natale)», il cui eco si confonde con il rumore delle onde.

Un tempo questa baia era riservata solo agli uomini, che facevano il bagno quasi sempre nudi. Oggi un cartello ricorda a tutti che è obbligatorio indossare il costume. E dagli anni ’70, la zona è stata aperta anche alle donne, tanto che qualcuno ha lasciato ad asciugare per sempre al sole, un costume intero nero a pois bianchi, a ricordare, nei tempi moderni, le lotte portate avanti dalle femministe per godere anche di questo privilegio.

I più audaci, utilizzano questa naturale piscina rocciosa durante tutto l’anno, come Stephen, che da più di trent’anni ogni mattina raggiunge quest’affascinante angolo d’Irlanda. «Folli? No, non lo siamo. E’ una cosa che consigliamo a tutti. Un po’ il freddo si sente, ci dice, ma questo bagno è rigenerante e fa bene al corpo. Certo, molte mattine sono da solo e quindi aspetto sempre con ansia il Natale per incontrarsi in tanti e festeggiare. E dopo il bagno, un altro nostro rito è quello di brindare con una pinta di guinnes (la birra scura) o un bicchiere di whiskey jameson, le nostre due eccellenze». La zona aveva colpito anche James Joyce, tanto da citare questa vista panoramica nel suo Ulisse: «Saltabeccò davanti a loro giù verso il Balzo dei Quaranta Piedi, sventolando le mani come ali, con agili salti, il pétaso di Mercurio palpitante nella fresca
brezza che portava loro le sue brevi strida d’uccello». Lo scrittore irlandese ebbe modo di ammirarla, all’età di 22 anni, dalla  terrazza della Martello Tower (opera difensiva costiera eretta nel 1804 per resistere agli attacchi napoleonici) posta proprio di fronte, ospite dell’amico Oliver St John Gogart. Quella torre è stata trasformata in un

piccolo museo; fino a febbraio aperto su prenotazione telefonando al numero (01) 2809265) a lui dedicato: una raccolta di fotografie e di lettere, alcuni suoi beni personali come il panciotto, la chitarra e il suo baule da viaggio. Vale la pena salire le strette scale fino alla cima della torre, per ammirare il mare e rievocare le pagine dell’opera più famosa di Joyce, la cui narrazione prende avvio da qui.
 
Ma non solo la costa meridionale, anche al nord si trova un belvedere naturale con un panorama che si affaccia sulla baia di Dublino e spazia fino alle montagne di Wicklow. E’ Howth, il cui nome deriva dal Danese "hoved", testa.  E l’acqua, può essere il filo conduttore per visitare la città, seguendo canali e specchi d’acqua lungo il fiume Liffey che l’attraversa dividendola nel bel mezzo, prima di sfociare nel mare. Si va di ponte in ponte, dallo storico O’Connell Bridge (dedicato a Daniel O’Connell, il dirigente politico di primo Ottocento) che conduce al cuore della città (con il Trinity College, una delle più grandi università), al più moderno Samuel Beckett Bridge, dell’architetto Santiago Calatrava (ricorda un’arpa celtica, ed è lungo 120 metri e alto 40, a quattro corsie, con piste ciclabili e marciapiedi), porta d’accesso alla nuova area New Docklands, la zona industriale che si sta trasformando in un quartiere di tendenza.

Di fronte al ponte sorge il centro congressi (il primo al mondo ad essere stato costruito con materiali a basso contenuto di carbonio), dalle ampie vetrate su cui i raggi del sole creano giochi di ombre e di luci. E non si può tralasciare l’Ha’penny Bridge, che introduce al quartiere più conosciuto e frequentato Temple Bar, con il pullullare di pub e locali di ritrovo. I più conoscono questo ponte con il nome di "mezzo penny" (half penny), in quanto bisognava pagare un tributo per attraversarlo. La leggenda dice che due signori, dovendo passare dall’altra parte, si ingegnarono per risparmiare. Prima si informarono su quanto costasse portare i bagagli e alla risposta negativa del responsabile, decisero che uno dei due amici avrebbe "viaggiato" sulle spalle dell’altro, come fosse una borsa. Così attraversarono il ponte in due ma al prezzo di uno.

Ma la più alta concentrazione di acqua si ritrova alla fabbrica della Guinness, uno dei simboli cittadini. Ogni giorno per produrre "la scura sublime", come la definiva Joyce, vengono utilizzati 8 milioni di litri di pura acqua fresca. Una cifra record, ma la cosa più curiosa è che l’azienda, non spende un centesimo di euro. La bolletta è, infatti, a carico del comune. Fu lungimirante Arthur Guinness, quando nel lontano 1759 firmò un accordo, nel quale si impegnava a dare lavoro ai dublinesi nella sua piccola birreria di St. James’s Gate, senza mai portarla via dalla città, siglando un accordo di concessione per 9000 anni, ottenendo in cambio la fornitura dell’acqua in maniera gratuita. Negli anni la Guinness è cresciuta notevolmente, facendosi apprezzare per il suo sapore intenso e per il colore rosso rubino, e pur non appartenendo più alla famiglia Guinness, mantiene questo accordo. La visita all’edificio (ha la forma di una gigantesca pinta) oltre a far scoprire curiosità sulla produzione, include una sosta al Gravity® Bar (una consumazione inclusa nel costo del biglietto), a 44 metri di altezza, fatto completamente di vetrate per avere tutta la città ai piedi (si vede la Spire, il punto più alto di Dublino, lo stadio Croke Park e l’antica St. Patrick’s Cathedral). Ma nonostante l’acqua da queste parti abbondi, meglio non provare a chiedere un bicchiere di minerale: qui se proprio non si vuole esagerare con la Guinness, al massimo offrono una coca cola.

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