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Al sole delle Antille

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L’immagine esportata in tutto il mondo è sempre la stessa: palmeti, acqua turchese, spiagge bianche. Gli ingredienti da spot pubblicitario. Per trovare tutto questo, senza spendere una fortuna, bisogna andare alle Antille e fare come gli habitué: ignorare la trafficata Guadalupa e il suo viavai di charter e puntare la prua verso l’arcipelago delle Saintes e Marie-Galante, a poche miglia, con la barca o noleggiando un catamarano. Qui si entra in un mondo antico e bucolico, dove i paesaggi e i ritmi sono gli stessi di cinquant’anni fa.

L’immagine esportata in tutto il mondo è sempre la stessa: palmeti, acqua turchese, spiagge bianche. Gli ingredienti da spot pubblicitario. Per trovare tutto questo, senza spendere una fortuna, bisogna andare alle Antille e fare come gli habitué: ignorare la trafficata Guadalupa e il suo viavai di charter e puntare la prua verso l’arcipelago delle Saintes e Marie-Galante, a poche miglia, con la barca o noleggiando un catamarano. Qui si entra in un mondo antico e bucolico, dove i paesaggi e i ritmi sono gli stessi di cinquant’anni fa.

Si salpa dall’attrezzato porto turistico di Saint-François, a Guadalupa, si doppia la spettacolare Pointe des Châteaux, la più orientale, con rocce dalle forme stravaganti, poi si fa rotta verso Petite-Terre, a circa 7 miglia, isoletta divisa in due da un canale d’acqua, una riserva naturale disabitata. Tappa imperdibile per un bagno nella laguna smeraldo che borda lunghe spiagge di sabbia. Marie-Galante è a circa 7 miglia. Meglio ormeggiare lungo la costa ovest, che ricorda la campagna inglese, davanti al piccolo borgo di Saint-Louis. E godersi il tramonto davanti alla spiaggia tra i campi di canna da zucchero. Dai locali del porto come Chez Henri arrivano le note delle band creole e dei concerti di jazz. Qui si passa la sera ascoltando le storie isolane di battute di pesca leggendarie, davanti al tradizionale ti-punch, aperitivo con lime, zucchero di canna e rum bianco a 59°, accompagnato dagli accras, frittelle di merluzzo. A pochi passi, i lolos, le piccole drogherie nelle antiche case creole dai colori pastello dove fare cambusa.

Un paio di miglia a ovest si può dar fondo a Folle Anse, sottile striscia di sabbia bianca lunga due chilometri, dove nidificano la tartarughe. Qualche miglio a nord, Anse de Mays, ancora sabbia bianca e acque cristalline. Qui vale la pena di scendere a terra per una grande bouffe di pesce al ristorante Aux Plaisirs des Marins. Piatti creoli, cucina familiare: i figli pescano, la madre sta ai fornelli, gli altri servono al ristorante. Il consiglio è di arrivare presto, altrimenti si aspetta. È un ormeggio indimenticabile per la notte, Anse Canot, candida e soffice, incastonata tra due colline verdissime. Davanti alla spiaggia, un baracchino-affitta canoe per risalire il fiume di Vieux-Fort, un’escursione di circa un’ora per vedere gli aironi e la tartaruga molokoy. A prua sfilano paesaggi da sogno. Spettacolari anche il panorama e i colori di Caya Plate con le scogliere a picco.

Molte mappe ignorano Anse Feuillard, selvaggia, poco più di un chilometro, affacciata sull’Atlantico, ma protetta dalla barriera corallina con acque sempre calme e trasparenti, senza ombra. Sulla punta sud-est, Capesterre, sonnolento borgo incastonato tra angoli di paradiso, centinaia di palme da cocco, barriera corallina. Si va al largo della Plage de la Feuillère, per un piatto di pesce a La Datcha, con i tavolini nella sabbia. Petite-Anse, subito dopo, è una piccola meraviglia di 1-2 metri di profondità che invita allo snorkeling tra coralli. Sono molte le barche che scelgono di passare la notte alla fonda nel porticciolo pieno di pescherecci di Grand-Bourg, capitale della Grande Galette, come è chiamata Marie-Galante per la forma rotonda, poco più di un villaggio con il variopinto mercato, accanto alla laguna. Il consiglio è di affittare una macchina per scoprire l’interno. La strada si inoltra tra casette color pastello, mucche e cavalli al pascolo. Da non perdere la visita all’Habitation Murat, piantagione di inizio Ottocento grande più di 200 ettari, trasformata in ecomuseo.

È in un angolo tropicale su una collinetta rigogliosa l’Habitation Bioche, maison d’hôtes in stile creolo. Chi vuole la spiaggia a pochi metri preferirà il Coco Beach Resort, di fronte alla Dominica. Si affaccia sul mare anche Le Grand Palm, quattro casette decorate in legno bianco intarsiato, proprietà di una coppia di francesi, che si sono trasferiti qui molti anni fa. Mentre l’Habitation Kohler è una dimora di charme sulla collina e le isole Saintes all’orizzonte. A poche miglia di navigazione con vento fresco, Les Saintes, nove isolette, di cui solo due abitate in gran parte da pescatori: Terre-de-Haut ospita il villaggio dallo stesso nome, dall’atmosfera di un antico borgo francese, e Terre-de-Bas, più primitiva.
 
Terre-de-Haut è una tavolozza di colori: il rosso dei flamboyant, il verde intenso delle palme, il nero della roccia. Sulle mornes, le colline, spiccano casette creole di legno in colori pastello con decorazioni gingerbread, i tetti rossi a punta, che non superano l’altezza di una palma, i cortili ornati di palme e cactus. La baia della capitale è la vera attrazione, considerata la terza più bella del mondo dopo quella di Rio e quella di Along in Vietnam, con tanto di Pan di Zucchero, la grande roccia amata dai velisti. Lungo la via principale ci sono ristoranti, gelaterie, agenzie per il noleggio di scooter, gallerie d’arte, negozi di souvenir e abbigliamento. Al mercato, gli uomini si affaccendano attorno ai vivai di aragoste . Chi non è in barca può noleggiare scooter o biciclette e nel giro di pochi minuti raggiungere spiagge e insenature paradisiache. Come Plage de Crawen, sulla punta di fronte a Terre-de-Bas, Anse du Figuier e Anse Rodrigue. La più spettacolare è Pompierre, lunga quasi un chilometro, rivolta verso est, in un’ansa chiusa tra due isolotti, Les Roches Percées.

Le acque attorno all’isola sono ricchissime di crostacei, pesce spada, marlin, tonno, ma anche di specie sconosciute agli europei come i coloratissimi tazar e vivaneau, ingredienti della cucina creola, soprattutto zuppe e frittelle. Da gustare alla Saladerie, su una terrazza a picco sull’acqua di Anse Mire: cucina raffinata, carpacci di loup (branzino), saporite insalate, accompagnati dai racconti di viaggio del proprietario Édouard, velista della Rochelle che è arrivato con la sua barca vent’anni fa e non se n’è più andato. Oggi è un artista apprezzato per i quadri e le sculture realizzati con materiali sbiancati che arrivano dalle mareggiate e decorano le pareti. Sfiora l’acqua anche la terrazza di Le Triangle, dove lo chef si esibisce in fricassea di calamari e lambi, il saporito mollusco dalla conchiglia rosa. È l’aragosta, invece, una delle specialità del ristorante La Fringale, nel cuore del borgo per cene a lume di candela imbandite nel giardino esotico. Accanto, L’Insolente prepara le tapas du monde, o paste e pesce con tocchi asiatici. L’indirizzo più chic è l’hotel Les Petits Saints.

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